Il concetto di volkswagen – non nel senso di marchio ma di “auto del popolo” – è fallito. È fallito quando l’automobile non ha più rispecchiato l’evoluzione delle nuove generazioni.
Dai Millenial in poi si chiedeva mobilità flessibile, di facile fruizione, senza fronzoli e a basso (o sostenibile) costo. Invece l’industria è andata in senso opposto: ha perseguito il trend degli anni ’80 e ’90 che imponevano auto sempre più grandi, più lussuose e che rispecchiassero uno status symbol. I brand, poi, hanno perso le proprie radici e identità con marchi come Lamborghini o Porsche costrette a mettere sul mercato i SUV (i fondatori si saranno rivoltati nella tomba), oppure a spersonalizzare lo stile costruito in decenni, come Jaguar.
E oggi ci ritroviamo a dover acquistare auto enormi, che non entrano neanche più nei box costruiti 30 anni fa o prima, pesanti (e quindi bevitrici di carburante), con costi stratosferici che sembrano sopportabili solo per l’introduzione del noleggio a lungo termine che spalma il prezzo in tre o quattro anni (salvo acconto e rata finale) ma il cui totale finale è impressionante, rapportato al costo della vita. Negli anni ’80 un auto di media fascia media costava sui 20 milioni di lire, oggi parliamo di almeno 30 mila euro per lo stesso segmento.
Quindi: il potere d’acquisto è diminuito, il costo delle auto è salito e i bisogni dei giovani sono cambiati. Serve altro per spiegare la crisi del settore?
L’automobile sta lentamente tornando ad essere quello che era al tempo della sua invenzione: un prodotto super tecnologico, costoso e quindi per pochi eletti.
Forse, chi ha capito veramente l’andazzo sono (purtroppo per noi) i cinesi che potrebbero riportare coi piedi per terra il prodotto auto.
Capiterà questo anche nel nostro settore della mobilità commerciale?
Speriamo di no, anche se la transizione energetica non sta certo aiutando a mantenere una certa…. sostenibilità.
#staytuned