giovedì, 28 Marzo 2024
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Transporter: un successo mondiale da 60 anni

Il 1950 segnò l’inizio di una storia di successo: quell’anno uscirono dagli stabilimenti di Wolfsburg i primi 10 esemplari del Volkswagen Transporter.
Nel 1956, dopo ben 160.000 unità, la produzione venne trasferita nel nuovo – a quell’epoca – impianto di Hannover.
Nel 1967 i VW Bulli di prima generazione prodotti in Germania raggiunsero quota 1,83 milioni; ad oggi il modello è stato costruito in oltre 10 milioni di esemplari

Quando nel marzo del 1950 uscirono dalle linee i primi Transporter prodotti in serie (Modello 2 “T1”), ne esistevano già otto esemplari, tutti costruiti a mano e internamente denominati “Modello 29”. Questi prototipi, sei furgoni e due Kombi, furono utilizzati per il lancio del veicolo, quindi sia per i sondaggi presso i Clienti, sia per la presentazione alla stampa. Nel corso della primavera del 1950 il lavoro venne ultimato. Le conoscenze acquisite nei precedenti anni di sviluppo presero concretamente forma: il Transporter non sarebbe stato realizzato, come pensato e progettato originariamente, sulla piattaforma del Maggiolino (Modello 1), ma su una versione specifica, appositamente rinforzata.

Le soluzioni tecnologiche vennero comunque mutuate dalla vettura Volkswagen. Motore e cambio erano esattamente quelli del Maggiolino, l’auto simbolo della motorizzazione di massa in Germania. Con 25 CV di potenza, il veicolo consentiva il trasporto di un carico massimo di 750 chilogrammi. E fu proprio grazie a questo propulsore, non certamente potente ma da subito estremamente affidabile, che il nuovo Transporter riuscì ad assolvere in maniera ottimale il proprio compito. Inizialmente, il grande vano di carico da 4,6 metri cubi era accessibile solo attraverso due porte a battente sul lato destro; a partire dal giugno 1951 fu possibile richiedere, come optional, anche una coppia di porte supplementare sul lato sinistro.

L’accesso alla zona posteriore era garantito unicamente attraverso un piccolo sportello disponibile come optional, mentre il portellone del vano motore, più in basso, consentiva solo una visione d’insieme della parte più profonda del vano motore, all’interno del quale erano alloggiati anche il serbatoio del carburante e la ruota di scorta. Questa configurazione venne modificata solo nel 1955, quando la ruota di scorta fu collocata dietro i sedili anteriori: le dimensioni dello sportello motore si ridussero della metà e l’adozione di un portello supplementare con finestrino sopra il vano motore consentì l’accesso all’area di carico anche posteriormente.

A partire da quell’anno, il Transporter venne dotato anche di una sorta di “climatizzatore”. Da allora, infatti, il frontale fu arricchito da un piccolo elemento spiovente sul tetto, attraverso cui l’aria esterna poteva penetrare all’interno dell’abitacolo.

Nello stesso periodo fu inoltre inserito di serie un pannello portastrumenti in lamiera. Nonostante l’introduzione di questa novità, il conducente aveva le informazioni di bordo esclusivamente su un tachimetro con quattro spie di controllo per gli indicatori di direzione, gli abbaglianti, la pressione dell’olio e il livello di carica della batteria.
Il pannello offriva lo spazio per ospitare un’autoradio, disponibile come optional, un posacenere, una maniglia di appiglio, un orologio (che venne incluso, insieme ad altre dotazioni, nell’equipaggiamento di serie del Samba prodotto dal 1951), e un indicatore del livello di carburante. Quest’ultimo, a partire dal 1961, sollevò il conducente dall’arduo compito di “indovinare” la quantità di carburante residua presente nel serbatoio. Prima dell’utilizzo di questo strumento, quando il motore (la cui potenza era stata nel frattempo portata a 34 CV) iniziava a perdere colpi, il conducente doveva azionare il rubinetto della riserva, posizionato sotto il proprio sedile.

Altre innovazioni vennero presentate all’inizio degli anni Sessanta. Proprio in questo periodo, infatti, fu introdotto il sedile di guida regolabile: ciò consentì al conducente, quantomeno a quello di media statura, di trovare più facilmente una posizione adeguata. Ma la novità principale riguardò il propulsore, nuovamente potenziato. Sviluppato inizialmente per il mercato americano, il motore boxer da 42 CV fu impiegato anche per la versione europea nel 1963. Con 1,5 litri di cilindrata, consentiva al veicolo scarico di superare la barriera dei 100 km/h.

Nel 1965 gli ingegneri riuscirono a dotare il Transporter di due ulteriori motorizzazioni. Nel luglio del 1967, dopo oltre 17 anni, in Germania terminò la produzione della prima generazione del Transporter. Tuttavia in Brasile, dove il T1 veniva costruito dal 1957, la produzione proseguì fino al 2000.
Complessivamente in Brasile, Messico e Germania furono prodotti 2,9 milioni di esemplari del Bulli di prima generazione.

Luca Barassi
Luca Barassi
Direttore editoriale e responsabile.
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