0,129 euro contro 0,052 euro: è questo il valore del costo al chilometro per i pneumatici per autocarro in Italia e in Romania, rispettivamente al primo posto ed all’ultimo posto della classifica del costo chilometrico dei pneumatici riferito ad un autoarticolato con cinque assi che percorre 100.000 chilometri all’anno.
Nell’intervallo tra questi valori si collocano i costi rilevati negli altri Paesi europei, e cioè: 0,108 euro in Germania, 0,091 euro in Austria, 0,090 euro in Spagna, 0,079 euro in Francia, 0,074 euro in Ungheria e Slovenia e 0,062 euro in Polonia.
A rendere noti questi dati un’elaborazione compiuta dall’Airp (Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici) su uno studio del Comitato Centrale per l’Albo Nazionale degli Autotrasportatori.
Anche negli scorsi anni l’Italia era al primo posto di questa graduatoria. I motivi di questo non invidiabile record sono diversi. Vi è innanzitutto da mettere in evidenza come la struttura dell’autotrasporto in Italia sia caratterizzata da una grande polverizzazione dell’offerta: infatti, secondo i dati del Centro Studi e Ricerche Anita (Associazione Nazionale Imprese Trasporti Automobilistici), su 120.000 imprese che operano in questo settore nel nostro Paese, il 75% è rappresentato da ditte individuali, mentre il 64% dispone di un numero di veicoli che va da 1 a 3; solo il 4%, poi, ha più di 25 veicoli.
In una situazione caratterizzata da una grande polverizzazione come quella italiana è molto difficile usufruire di economie di scala, ed i costi rimangono alti per tutti gli attori del mercato. Inoltre lo scarso coordinamento derivante dalla presenza di così tante aziende sul mercato favorisce il fenomeno dei ritorni a vuoto, che implicano un aumento dei costi e delle emissioni nocive.
C’è inoltre da segnalare come il nostro Paese sia penalizzato dalla situazione delle infrastrutture, che molto spesso sono vecchie e la cui manutenzione è scarsa. Questa situazione contribuisce a rallentare il flusso del traffico con ripercussioni evidenti sui costi dell’autotrasporto.
Vi è infine da evidenziare come un grande risparmio potrebbe essere realizzato grazie ad un uso maggiore dei pneumatici ricostruiti. In effetti molto potrebbe essere fatto in Italia da questo punto di vista; basti pensare che nel nostro Paese solo il 57% delle flotte di veicoli per trasporto merci usa pneumatici di ricambio ricostruiti, contro l’89% della Francia, l’87% della Svezia e l’83% della Germania.
Le ragioni per un uso così massiccio di pneumatici ricostruiti nei Paesi sopra elencati, molto attenti sia alla sicurezza stradale che al contenimento dei costi, risiedono nelle loro proprietà economiche ed ecologiche. I ricostruiti, infatti, sono economici ed il loro uso non diminuisce gli standard di sicurezza ed affidabilità del veicolo. Questo perchè il processo di ricostruzione salva il 70% dei materiali originari del pneumatico, e cioè la struttura portante. I pneumatici per autotrasporto delle più importanti case costruttrici, poi, sono progettati per essere ricostruiti.
A garanzia della sicurezza la produzione di pneumatici ricostruiti è disciplinata da rigorose norme internazionali che definiscono con precisione le diverse fasi del processo produttivo di ricostruzione (i regolamenti Ece Onu 108 per vettura e 109 per autocarro) e dei controlli da eseguire sui pneumatici ricostruiti. Nel rispetto di questi regolamenti i pneumatici ricostruiti vengono sottoposti alle stesse prove di durata, carico e velocità stabilite per i pneumatici nuovi.