Pochi fronzoli per il pick-up Ford, che in cava resta incollato al terreno e dimostra di possedere le caratteristiche che contano per davvero
Va di moda il musone: non nel senso del camion all’americana, però. Una delle tendenze estetiche degli ultimi anni è la fine di quelle tristi, scure e grigiastre griglie frontali fini come pettini, a favore di elementi cromati dall’innegabile fisicità che non passano inosservati.
Sfoggia un make up di questo tipo, così alla moda e al tempo stesso virile, anche il pick-up della Ford, il Ranger illustrato in questa prova.
Ma non bisogna farsi trarre in inganno: dietro a questo aspetto massiccio non c’è, come su molti fuoristrada che in vita loro non vedranno mai un centimetro di off-road, un vezzo, ma una vera vocazione per il cava-cantiere e un amore per l’elemento naturale dello sterrato polveroso e fangoso.
Bello il giusto, spartano il giusto
Che questo Ranger sia un mezzo da lavoro e non da shopping lo si vede subito, se partendo dalla visuale frontale ci si sposta lateralmente osservando l’ampio cassone di carico e la robustezza priva di fronzoli della sua struttura. L’illusione termina quando si apre la doppia portiera, rivelando gli interni: i posti sono quattro, piuttosto comodi di due anteriori, sia in larghezza che in profondità, più sacrificati i due posteriori, che concedono poco spazio per le gambe e hanno in luogo dei normali sedili sedute e schienali separati e ancorati al telaio del veicolo. Sconsigliabile infilarci dentro quattro nerboruti cantonieri se si ha in programma un lungo trasferimento, possibile invece compiere un breve tragitto in cui caricare la squadra, il quartetto, per portarla da casa al luogo del cantiere al mattino presto, quando la gente che fa lavori meno pesanti dorme e si chiede chi diavolo sia che sta usando un martello pneumatico a quell’ora dell’alba.
Il montante centrale del cruscotto è moderno e ben disegnato, con tutti i comandi a portata di mano, vani per gli oggetti e cassetti ben posizionati, regolazione di clima e riscaldamento, e un po’ di musica proveniente dall’autoradio per rilassarsi durante il viaggio. L’argentato del blocco centrale, che termina in un bracciolo porta oggetti comodo per riporvi minutaglia e anche più comodo per appoggiarsi durante la guida, contrasta col nero del resto del cruscotto, che per impatto anche solo visivo riporta subito alla povertà dei materiali e dell’estetica, a cui contribuisce anche il design molto classico degli indicatori. E’ una specie di ritorno alla realtà, ma non è fuori luogo su un mezzo come questo, specie se si ragiona in termini di raffronto con pari categoria che non solo mancano di estetica, ma anche di sostanza.
Il motore c’è e si sente
Il centro dell’abitacolo è occupato dalle leve delle marce e delle ridotte, queste ultime vero punto di forza durante la guida per facilità di inserimento e morbidezza. Il Ranger è un veicolo che, considerata la sua struttura, può risultare complessivamente piacevole da guidare, o almeno non stressante, cosa che quando si parla di mezzi da lavoro, con tutto lo stress che già il lavoro stesso comporta, non è da poco. Di certo è molto rumoroso, lo capirebbe anche un sordo.
Un migliore isolamento acustico del motore avrebbe giovato, ma è anche vero che, tanto per dare ragione alla saggezza popolare secondo cui non si può avere botte piena e moglie ubriaca, quando si ha a disposizione un motore con questa potenza qualche sacrificio lo si può ben fare. Nel corso del lungo pomeriggio di session fotografica a Lambrugo, tra le cave, i prati e i cantieri, c’è stato modo di fare un po’ di tutto, e come un’orchestra provare il piano e il forte, ma di certo non è stato necessario pregare il Ranger per ottenere quanto era negli scopi. Sarebbe stato interessante verificare se è in grado anche di arrampicarsi su per i muri, ma lì per lì non è venuto in mente. Sarà per la prossima.
Inchiodato a terra nella situazione di piena trazione, questo Ranger sembra proprio un 4×4 di razza, e se la gioca alla grande con i diretti competitor sfoderando in più l’arma dell’affidabilità made in Ford, che non è poco.
Come dite? Il ciclo urbano? Sì, in effetti è un po’ come portare il cugino di campagna nella metropoli, può darsi vi sia un attimo di disorientamento. Ma mica tanto: della guidabilità si è in parte già detto, e la si apprezza ancora di più quando, attraversando Milano, c’è bisogno di molta attenzione, e molta pazienza per il tipico stile locale a zig zag negli spazi tra una vettura e l’altra in moto. Attenzione per gli altri, non tanto per se stessi, perché è evidente che in uno scontro-confronto con una city car non sarebbe certo il Ranger a uscirne peggio, gli basterebbe probabilmente una spolverata.