Di trasferimento modale (strada-ferrovia) sui grandi assi di scorrimento come possibile strategia per ottenere importanti risparmi finanziari e una migliore qualità ambientale, si è parlato oggi a Milano in una interessante tavola rotonda che ha visto tra i relatori il Ministro dell’Ambiente Corrado Clini, il Presidente dell’Autorità Portuale di Trieste Marina Monassi, l’Amministratore Delegato di Alpe Adria S.p.A. Antonio Gurrieri, il Direttore Divisione Cargo Trenitalia S.p.A. Mario Castaldo e il Direttore Generale Modahlor Sébastien Lange. Al centro del dibattito uno studio sviluppato dal ministero dell’Ambiente sviluppato in collaborazione con l’Autorità portuale din Trieste e la società logistica Alpe Adria.
Analizzare lo stato attuale del trasporto merci in Italia e delineare alcune strategie ambientali ed economiche per rendere più efficiente e competitiva l’intera catena logistica nazionale “porti-territorio”, con un orientamento mirato a catturare i grandi flussi del trasporto interno e terra/mare nell’ambito del bacino del Mediterraneo e del Centro-Europa. E’ questo l’obiettivo di uno studio sviluppato dal Ministero dell’Ambiente in collaborazione con l’Autorità Portuale di Trieste e la società di logistica Alpe Adria, presentato oggi.
In particolare, lo studio analizza le dinamiche e lo stato attuale del trasporto delle merci in Italia, quale tema primario e strategico per la crescita economica del paese nel contesto dell’Unione Europea e per le relazioni tra settori e regioni del tessuto produttivo nazionale. Il trasporto delle merci nel nostro Paese, infatti, assume un ruolo sempre più rilevante dal punto di vista delle emissioni di CO2, che hanno effetti sul clima globale. “Non a caso – spiega nella sua introduzione allo studio il Ministro dell’Ambiente Corrado Clini – la tematica del contenimento dell’impatto ambientale causato dal trasporto merci rappresenta da tempo uno degli obiettivi primari costantemente all’attenzione degli organi nazionali e comunitari, nell’ambito delle azioni di governo e regolamentazione del territorio e delle attività economiche in generale.” L’obiettivo di questo lavoro di monitoraggio consente di fornire sia una stima dell’ordine di grandezza dei volumi delle merci trasportate in Italia via strada, sia una prima valutazione dell’impatto prodotto sull’ambiente attraverso il raffronto dei costi esterni prodotti dalle due modalità strada/ferrovia. In particolare, lo scopo dello studio (che prende in considerazione 53 terminali intermodali attualmente presenti sul territorio italiano e ripartiti secondo le macro aree del Nord Ovest, Nord Est, Centro e Sud Italia) è quello di verificare la fattibilità di un percorso, inizialmente sperimentale, teso a invertire l’attuale dinamica competitiva strada-rotaia, che consentirebbe di conseguire un notevole abbattimento dei costi esterni che gravano sull’ambiente, fino al 57% dell’ammontare complessivo prodotto dal trasporto su strada, con un risparmio stimabile attorno ai 3 miliardi di euro l’anno.
Dall’analisi dell’attuale situazione inerente il flusso del trasporto merci, infatti, la ripartizione strada/ferrovia è pari al 94% per la strada ed al 6 % per la ferrovia, mentre la somma totale del movimentato alternativo alla strada, cioè ferrovia più cabotaggio più idrovia, nel complesso raggiunge una quota del 13%. In questo contesto, il volume del trasportato annuo interno, pari a 1.495,78 milioni di tonnellate (dato strutturale riferito al 2008, l’ultimo anno prima della crisi ancora in corso) – che moltiplicato per le percorrenze medie raggiunge un valore di 165,38 miliardi di tonn/km – produce costi esterni per complessivi 5,79 miliardi di euro; ma se tale volume viaggiasse via ferrovia, produrrebbe costi esterni per un valore 2,48 miliardi, con un risparmio ambientale pari al 57%. Da un punto di vista geografico, inoltre, l’area a più alta intensità di traffico auto-trasportato, sia come origine, sia come destinazione risulta il Nord-Est, con 532 milioni di tonnellate in uscita e 527 milioni di tonnellate in entrata, seguita dal Nord-Ovest, quindi dal Centro, dal Sud e dalle Isole. L’area in cui si riscontra il maggior chilometraggio medio è invece il Sud, con 149,7 chilometri medi in entrata e 165 chilometri medi in uscita. In sintesi, la situazione generale evidenziata dallo studio mette principalmente in risalto l’entità del risparmio che si potrebbe conseguire attuando una ripartizione dei flussi più equa.
Da qui, l’idea del percorso sperimentale strategico proposto dallo studio del Ministero: utilizzare in modo più efficiente ed organico il patrimonio delle infrastrutture già esistente, come le ferrovie e i terminal intermodali. Sfruttando al massimo il patrimonio dei terminali disseminati su tutto il territorio nazionale, infatti, si raggiungerebbe anche l’obiettivo fondamentale di favorire le imprese ferroviarie e gli operatori logistici, che avrebbero così l’occasione di proporre servizi e offerte commerciali adeguate, sostenibili e competitive. In questo modo si instaurerebbe una collaborazione costruttiva tra le aziende e il comparto dell’autotrasporto, che non potrà non condividere questa strategia di reciproco vantaggio. La tavola rotonda-workshop rientra in un progetto di promozione e valorizzazione del ruolo del Porto di Trieste sullo scenario dello shipping nelle relazioni di traffico da e per i mercati del Centro-Est Europa verso il Medio e l’Estremo Oriente, stimolando l’interesse dei potenziali utilizzatori nazionali ed esteri della catena logistica integrata. In questo scenario, Trieste – il porto più internazionale d’Italia, che movimenta complessivamente 49,2 milioni di tonn./anno – si presenta nella capitale del mondo economico e finanziario ad aprire un confronto con le categorie degli operatori su una delle questioni più sensibili del sistema del trasporto merci nazionale, quale è la ripartizione modale strada/ferrovia, nell’ottica di rendere più efficiente e competitiva la catena logistica nazionale nel suo complesso e nell’ambito dei grandi flussi del trasporto terra/mare.