mercoledì, 24 Aprile 2024
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La dichiarazione di Marchionne

«Fiat potrebbe fare di più se potesse tagliare l'Italia». Sergio Marchionne, ospite della trasmissione Che tempo che fa condotta da Fabio Fazio e in onda domenica sera, torna ad affrontare molte delle questioni che hanno tenuto banco nelle ultime settimane. In particolare, l'amministratore delegato del Lingotto ci tiene a sottolineare il fatto che «nemmeno un euro dei 2 miliardi dell'utile operativo previsto per il 2010» arriva dal nostro Paese. «Fiat – aggiunge – non può continuare a gestire in perdita le proprie fabbriche per sempre». «Tra il 2008 e il 2009 – continua Marchionne – la Fiat è stata l'unica azienda che non ha bussato alle casse dello Stato» diversamente da quanto fatto da molte concorrenti europee. «Non voglio ricevere un grazie – spiega l'ad – ma non voglio nemmeno essere accusato di avere avuto aiuti di Stato. Gli incentivi – prosegue – sono soldi che vanno ai consumatori: aiutano parzialmente anche me, ma in Italia sette macchine comprate su dieci sono straniere. Con i soldi dello Stato americano risaneremo Chrysler. E ripagheremo il governo Usa con gli interessi e tutto. Gli aiuti ricevuti dallo Stato italiano li abbiamo ripagati».

EFFICIENZA LAVORO – Marchionne elenca alcuni problemi del sistema-Italia: «Siamo al 118esimo posto su 139 per efficienza del lavoro e al 48esimo posto per la competitività del sistema industriale. Siamo fuori dall'Europa e dai Paesi a noi vicini, il sistema italiano ha perso competitività anno per anno da parecchi anni e negli ultimi 10 anni l'Italia non ha saputo reggere il passo con gli altri Paesi. Non è colpa dei lavoratori».

STIPENDI EUROPEI – Tra gli obiettivi per il futuro, assicura Marchionne, c'è quello di portare lo stipendio medio dell'operaio italiano a livello di quello degli altri Paesi europei. «È un obbligo per la Fiat colmare il divario degli stipendi degli operai». Ma per fare questo, sottolinea l'ad, «non è possibile avere tre persone che bloccano un intero stabilimento», come è successo a Melfi dove «abbiamo avuto un esempio di anarchia, non di democrazia. Ma con questo sistema non si possono gestire aziende così grandi». A tal proposito, l'ad aggiunge che solo il 12% per cento degli operai del Gruppo Fiat è iscritto alla Fiom-Cgil, che quindi «non rappresenta la maggioranza». «Meno della metà dei nostri dipendenti è iscritto a una sigla sindacale» afferma. E poi: «Non abbiamo tolto il minimo livello di diritti accumulati negli anni. Se si guarda all'accordo di Pomigliano, l'unica cosa diversa è che abbiamo cercato di assegnare ai sindacati la responsabilità di quelle anomalie che vanno a impattare sulla produttività del sistema». E sulla polemica per la riduzione delle «pause» dei lavoratori delle fabbriche italiane spiega che il nuovo sistema proposto da Fiat per lo stabilimento di Melfi «è già applicato a Mirafiori. Non è niente di eccezionale, fa parte degli sforzi fatti per ridisegnare il sistema di produzione». Marchionne ammette però che «se la Fiat dovesse smettere di fare auto in Campania, avremmo un problema sociale immenso, specialmente in una zona dove la Camorra è molto attiva».

«IO FACCIO IL METALMECCANICO» – «Io in politica? Scherziamo? Faccio il metalmeccanico, produco auto, camion e trattori» dice ancora l'ad del Lingotto conversando con Fazio. E a proposito della recente affermazione secondo cui in Italia sono state aperte tutte le gabbie e sono scappati tutti gli animali, Marchionne spiega: «Leggo il giornale tutti i giorni alle 6: c'è una varietà di orientamenti politici e sociali incredibile, tutti parlano e non si capisce dove va il Paese». Tuttavia in questa situazione Marchionne ritiene che «si può avere fiducia nell'Italia, credo di sì, ci sarebbero soluzioni più facili, ma credo che sia possibile costruire qui una condizione diversa, sennò non mi sarei mai impegnato».

COMMENTI – Le dichiarazioni di Marchionne sono state subito commentate da vari esponenti politici e sindacali. «A Marchionne ricordiamo che l'Italia è il Paese di storico insediamento del gruppo automobilistico ove ha depositato impianti e soprattutto un grande patrimonio di esperienze e professionalita», ha detto il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. «Le parole di Marchionne sono ingenerose nei confronti dell'Italia e dei lavoratori che hanno contribuito a fare grande la Fiat», replica Cesare Damiano, capogruppo in commissione Lavoro del Pd. «Marchionne ha la memoria corta sugli aiuti di Stato» sottolinea invece il ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli. «Si potrebbe dire – aggiunge – che gli italiani, e in particolare la Padania, senza la Fiat in questi anni sarebbero stati meglio». «Un conto è aver restituito un prestito – prosegue Calderoli -. La verità è che in questi anni gli italiani la Fiat se la sono comprata già due volte». Per il ministro leghista Marchionne non può «prendere in considerazione solo il suo periodo di gestione» e per quanto riguarda gli incentivi, «se crede di riceverne altri se lo scordi».
«Le dichiarazioni di Marchionne sarebbero coerenti se la Fiat restituisse tutti soldi che ha avuto dall’Italia», ha commentato invece il responsabile lavoro di Italia dei valori, Maurizio Zipponi. «Quella di Marchionne non è sfiducia rispetto all'Italia, ma verso quella parte di sindacato che si dimostra antistorica e contraria alle prospettive di sviluppo economico e industriale», è il commento di Enzo Ghigo, coordinatore piemontese del Pdl. Secondo Giorgio Airaudo, responsabile auto della Fiom, «già dodici anni fa i predecessori di Marchionne dicevano che, grazie alla globalizzazione, gli stabilimenti italiani erano pagati dai profitti brasiliani». «Marchionne deve evitare di continuare a umiliare i lavoratori e il sindacato», afferma Rocco Palombella, segretario generale della Uilm.

Da Corriere della Sera.it

Luca Barassi
Luca Barassi
Direttore editoriale e responsabile.
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