venerdì, 19 Aprile 2024
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La Casa di Södertälje chiama Stefano Fedel alla guida di Scania EAR

Esattamente un anno fa, era luglio 2014, Trasportare Oggi intervistava l’Ing. Stefano Fedel nell’ambito di una serie di articoli dedicati alla presentazione della squadra Italscania, con l’intento di fare conoscere ai suoi lettori il “volto umano” del marchio, ossia le persone che ogni giorno lavorano per  il suo successo e per quello dei suoi clienti. A raccontarci le Direzioni Sviluppo Rete e Vendita Ricambi dell’importatore italiano della Casa svedese era stato, appunto, l’Ing. Fedel, a capo di entrambe.
Pur nella diversità delle professionalità, delle competenze, dei ruoli e delle storie personali emerse durante le nostre interviste, ritrovavamo sempre un comune denominatore: l’orgoglio di rappresentare il marchio. Un sentimento che nasce, evidentemente, dalla capacità dell’azienda di creare senso di appartenenza e spirito di squadra, e dalla capacità di valorizzare le sue risorse umane, offrendo loro l’opportunità di realizzare un percorso di crescita continua, professionale e personale.
A dimostrazione di questa filosofia aziendale, oggi torniamo a intervistare Stefano Fedel, protagonista di una importante variazione organizzativa in Casa Scania: forte della sua quasi ventennale carriera all’ombra del Grifone, dal 1° settembre Fedel lascerà Italscania per assumere il ruolo di amministratore delegato di Scania EAR (East Adriatic Region). La Casa di Södertälje, per la prima volta, ha voluto chiamare un italiano alla guida di una società Scania all’estero, un ulteriore riconoscimento, non solo a livello personale, ma per la stessa Italscania, che vede confermato il percorso di eccellenza intrapreso. A Fedel, dunque, il compito, e la sfida, di sviluppare ulteriormente il mercato Scania nei Balcani, sia nell’ambito dei veicoli per il trasporto merci che in quello degli autobus e dei motori industriali marini.
Il testimone come direttore Sviluppo Rete e Vendita Ricambi passa ora al Dott. Daniel Dusatti (nella foto a destra), che ha maturato diverse esperienze all’interno della Direzione Vendita Veicoli di Italscania, dove lavora da tredici anni.

Una nuova avventura
A seguito di questa promozione, alla fine di agosto Fedel si trasferirà, famiglia al seguito, a Lubiana, in Slovenia, dove è situato l’headquarter di Scania EAR. Da qui seguirà numerosi mercati -  Slovenia, Croazia, Serbia, Bosnia Erzegovina, Montenegro, Macedonia, Kosovo e Albania – piccoli (ad eccezione di Slovenia e Serbia) ma importanti dato il loro grande potenziale commerciale.
Fedel si appresta dunque a lasciare, con un pizzico di nostalgia, come ci ha confidato all’inizio della nostra intervista, la squadra Italscania e la sua Rete vendita e assistenza, dopo quasi venti anni: “Venti anni di battaglie e di crescita, non solo personale, ma di tutta la Rete Italia, che ho seguito e supportato in un momento di grande cambiamento per il mondo del trasporto. Mi mancheranno sicuramente sia i colleghi che i concessionari, e tutto il lavoro di squadra fatto con loro, ma sono molto contento e orgoglioso di poter affrontare questa nuova esperienza: nuove sfide e nuove battaglie sicuramente non mancheranno”.

Quali saranno queste sfide?
Mi aspetta un lavoro completamente nuovo, di grande responsabilità, dove le sfide sono molteplici: si tratta innanzitutto di seguire una moltitudine di  mercati, appartenenti ad un’area in cui non tutti i Paesi sono membri dell’Unione europea e sono dunque caratterizzati da regolamenti e leggi differenti e, in alcuni casi, da notevoli restrizioni relative alla commercializzazione di prodotti stranieri. Gestire tanti piccoli Paesi fra loro diversi dal punto di vista normativo e riuscire ad efficientare un gruppo saranno le sfide più grandi da affrontare.

Quale il primo step per sviluppare il business Scania in questa ampia area?
Trattandosi di mercati in crescita, come tutti i mercati dell’Est, per poter gestire al meglio l’incremento dei volumi il primo passo da compiere è quello della riorganizzazione della Rete, che a differenza di quanto avviene in Italia qui è completamente captive, ossia di proprietà, con una copertura del territorio più ampia rispetto a quanto fatto negli ultimi anni, dove ci si era concentrati maggiormente sui Paesi del Nord dell’area balcanica, come Slovenia e Serbia. Ora invece c’è molto da lavorare sulla parte sud, ossia sui Paesi che stanno emergendo in questo momento, come il Kosovo, la Macedonia o l’Albania, creando strutture e società nuove in un mercato che nei prossimi anni sarà notevolmente in espansione.
A rendere quest’area particolarmente interessante per l’autotrasporto sarà anche il progetto, in via di realizzazione, dell’apertura di un nuovo corridoio di collegamento commerciale tra la Cina e l’Europa orientale che devierà parte del traffico delle merci provenienti dalla Cina diretto verso i porti del Nord Europa spostandone il fulcro in Albania o Grecia. Da qui, i container delle navi in arrivo in Adriatico dovranno essere trasferiti nell’Est europeo: Germania dell’Est, Ungheria, Bulgaria, Repubblica Ceca, Slovacchia…

Il fenomeno della delocalizzazione verso Est delle imprese di trasporto italiane, ed europee in generale, si traduce per questi mercati in una crescita della domanda di veicoli?
Possiamo dire che questo fenomeno sia un’arma a doppio taglio.
Dal punto di vista più strettamente legato alla vendita di veicoli questo fenomeno rappresenta sicuramente un beneficio: sono molte le aziende localizzate un po’ in tutti i Balcani ed è qui che, di fatto, vengono immatricolati i mezzi. Mezzi che, però, circolano poi per lo più in Europa occidentale… Il che si traduce in un mancato beneficio dal punto di vista della vendita di servizi come le riparazioni, o di quelli più sofisticati come il fleet management o il driver training, per citarne alcuni.

Quando nasce Scania EAR?
Questa filiale è stata creata dodici anni fa e inizialmente era piuttosto piccola essendo partiti dalla Slovenia, dove è rimasta la sua sede storica. Successivamente si è deciso di costruire una Rete captive, con concessionari e officine di proprietà, potenziando la struttura sia di service che di vendita soprattutto a partire dal 2006. Scania è poi entrata nel mercato serbo e, negli ultimi anni, in Croazia e Bosnia-Erzegovina, con la prospettiva di avere una sua società in ogni Paese. In linea con questo obiettivo, e con quanto detto precedentemente, è prossima l’apertura di una società in Macedonia e verrà inoltre valutato se aprirne una anche  in Kosovo e in Albania, in funzione della stabilità dell’area e dei regolamenti che si svilupperanno nei prossimi mesi.
Il mio lavoro sarà quindi focalizzato sul mantenimento e miglioramento della struttura nel Nord di questa ampia regione e sullo sviluppo dei servizi e delle vendite nel Sud.

Come si struttura oggi?
Scania EAR è organizzata attraverso una holding che ha sede in Slovenia e, come dicevo, alcune società presenti in Slovenia, Serbia, Croazia e Bosnia-Erzegovina. Sono circa 170 i dipendenti dislocati nei vari Paesi, 12 i concessionari di proprietà, altrettante le officine autorizzate, sempre di proprietà, cui si aggiungono  quattro piccole officine autorizzate non di proprietà.

Può offrirci una panoramica generale delle caratteristiche e delle potenzialità di questi mercati?
Il mercato interno è piuttosto piccolo in termini numerici per quanto riguarda il trasporto a lungo raggio, a fronte, come dicevo, di un potenziale molto elevato di trasportatori che hanno scelto di stabilire la loro sede in questi Paesi ma che poi di fatto operano in tutta Europa.
Il potenziale di sviluppo di quest’area va rintracciato in alcuni mercati in crescita, come quello delle costruzioni e delle infrastrutture, basti fare riferimento alla Serbia, e alla costruzione del suo sistema autostradale, ma anche alla Macedonia o al Kosovo. Un altro mercato fiorente, dove Scania è entrata solo in parte e dove quindi si aprono interessanti scenari di sviluppo, è quello delle utenze urbane, ossia la raccolta dei rifiuti e la distribuzione. Un terzo mercato in crescita, e molto interessante per Scania, è poi quello degli autobus. Seguirò dunque anche lo sviluppo di questo settore, così come, a completamento dell’offerta Scania, seguirò anche la commercializzazione dei motori industriali marini, con cui siamo presenti, per ora, solo in Croazia.
Un ulteriore ambito da sviluppare è poi quello delle sinergie nate recentemente con Volkswagen di cui la Rete Scania distribuisce in Slovenia i veicoli commerciali. E’ una partnership molto importante e di successo. Uno dei miei compiti sarà dunque quello di valutare l’opportunità di distribuire il marchio Volkswagen attraverso Scania anche negli altri Paesi.

In termini di quote di mercato come si posiziona Scania in questi Paesi?
Per quanto riguarda i veicoli industriali, nei primi mesi di quest’anno la quota di mercato si attesta intorno al 17,5% su tutta l’area. Il nostro obiettivo è naturalmente quello di incrementare questa percentuale arrivando in un prossimo futuro al 18%.
Con riferimento al nuovo, si tratta di un mercato che è il 60% di quello italiano: in Italia nel 2014 si sono immatricolati 9.000 veicoli, per quest’area parliamo di circa 5.500 veicoli immatricolati all’anno.

In Italia la crisi ha  imposto importanti cambiamenti nella struttura del mercato del trasporto: cosa è avvenuto nei  Paesi della Regione Est Adriatico?
La crisi si è sentita anche in quest’area, soprattutto nel triennio 2008-2010, ma possiamo dire che i suoi effetti siano stati parzialmente ridotti, o compensati, dal fenomeno della delocalizzazione di cui parlavamo, non solo dei trasportatori italiani, ma anche di quelli tedeschi.
Inoltre, si tratta di Paesi, parlando in modo particolare di Serbia e Croazia, che hanno potuto contare su massicci finanziamenti dell’Unione europea dopo la guerra, che si sono tradotti in un grande sviluppo in questi ultimi dieci anni, soprattutto dal punto di vista infrastrutturale. L’ambito delle costruzioni ha insomma tenuto in vita questi Paesi, almeno fino a qualche anno fa.
Parallelamente, s èi assistito, poi, ad una crescita dei Paesi emergenti, come la Macedonia e il Kosovo, dove molte imprese europee hanno trasferito i loro siti produttivi permettendo la sopravvivenza dell’autotrasporto locale negli ultimi 4 o 5 anni, legata alle necessità di rifornimento di materie prime e di consegna in Europa dei prodotti finiti.
Possiamo insomma dire che la crisi sia stata meno impattante che in Italia: questi Paesi, per lo meno, non hanno assistito alla moria di aziende che ha toccato invece il nostro Paese.

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