sabato, 20 Aprile 2024
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L’idrovia padano-veneta diventa “europea”

L’idrovia Fissero-Tartaro-Canal Bianco, che collega l’Adriatico con la Pianura Padana, diventa europea. Ieri infatti, con il transito di una grossa chiatta che trasportava granaglie, sono state inuagurate le nuove conche che permetteranno alle chiatte di V classe europea di percorrere il sistema di navigazione interna padano veneto.

La conca è un’opera che permette alle imbarcazioni di “attraversare” un incrocio tra due corsi d’acqua che hanno livelli differenti. In questo casa si tratta dell’Adige e del canale Po-Brondolo che collega la laguna, e dunque i porti di Venezia e di Chioggia, con il Po ma soprattutto con l’idrovia per Mantova. La conca è una sorta di vasca che accoglie la nave o la chiatta che deve transitare, si chiude e il suo livello viene fatto salire o scendere fino a portare il mezzo in linea con lo specchio d’acqua da oltrepassare; a questo punto si apre, il naviglio transita e si immette in una seconda conca, analoga alla prima, dalla quale poi accede alla via d’acqua oltre l’incrocio.

Le nuove conche di Cavanella d’Adige sono state volute e finanziate dalla Regione del Veneto a completamento dell’idrovia Mantova-Venezia e il cui asse est- ovest (Fissero – Tartaro – Canalbianco) era stato quasi completamente adeguato adeguato alla quinta classe nel 2002. Della realizzazione delle conche è stata incaricata la società Sistemi Territoriali Spa, interamente partecipata dalla Regione e braccio operativo nel settore del trasporto e della navigazione.

«Infrastrutture come questa – ha evidenziato l’assessore regionale alle politiche della mobilità del Veneto, Renato Chisso – permettono concretamente di eliminare dalle autostrade circa seimila Tir all’anno, che potrebbero facilmente diventare 10mila se questa forma di trasporto venisse conosciuta. Le conche completano infatti l’unica grande linea di trasporto acqueo interno d’Italia, raddoppiando di fatto la sua capacità in termini di stazza dei mezzi di navigazione e proponendosi come unica concreta alternativa alla strada, integrativa alla ferrovia e complementare al cabotaggio marittimo e alle autostrade del mare, all’interno di una filiera intermodale della quale si è predicato per decenni senza concretare granché».

I mezzi fluviali o fluvio – marittimi della quinta classe CEMT (Commissione Europea Ministeri dei Trasporti) – ha ricordato l’ente regionale veneto – sono motonavi e chiatte della lunghezza massima da 95 a 110 metri, larghezza massima di 11,4 metri, dislocamento da 1.500 a 3.000 tonnellate (da 1.600 a 3.000 tonnellate per i convogli a spinta). Il carico equivale a circa quello di una cinquantina di Tir, che vengono così tolti dalle strade.

Nel 2012 lungo l’Idrovia Venezia – Mantova sono state trasportate complessivamente 164.882 tonnellate di merce (289.456 tonnellate nel 2011), per un valore complessivo di 142,9 milioni di euro (313,0 milioni nel 2011), cui si aggiungono 15.113 natanti da diporto (16.945 nel 2011) e 3.262 passeggeri (10.952 nel 2011). L’ente regionale veneto ha rilevato che il trend del trasporto delle merci sulla via d’acqua interna è purtroppo in discesa dal 2008, anno di inizio della crisi economica mondiale, ma che – in ogni caso – i dati evidenziano la convenienza di questa modalità di trasporto soprattutto per merci come granaglie, legname, carbone e idrocarburi, prodotti chimici e plastici e metalli. Inoltre – ha sottolineato la Regione – l’avvio del porto offshore di Venezia, la piattaforma portuale che l’Autorità Portuale dello scalo veneziano ha pianificato di realizzare al di fuori della Laguna, sarà certamente motivo di impulso per la navigazione interna, in ragione della possibilità di collegamento diretto tra navi giramondo e mercati interni della pianura Padana.

La Regione del Veneto ha tracciato un quadro storico della navigazione interna italiana: «una rete efficientissima nel Veneto della Serenissima – ha ricordato l’ente – collegava pressoché tutti i capoluoghi (persino Belluno in direzione Venezia, soprattutto per il trasporto di legname) e le vie d’acqua erano utilizzate in tutta la pianura padana, consentendo di arrivare fino a Milano e Torino. Ferrovia e motore a scoppio hanno però sostanzialmente svuotato il sistema anche se, nel secolo scorso venne progettata una grande idrovia, a nord del Po e parallela a quest’ultimo, che consentisse il transito di merci su navi fluviali dal mare a Mantova e Cremona in ogni periodo dell’anno, indipendentemente dalle situazioni di piena o di magra del Po e delle bisse del suo fondale. Il primo progetto dell’idrovia risale al 1938 (di qui l’originario nome di Canale Mussolini), quando alla finalità di sistemazione idraulica del sistema di canali Fissero – Tartaro – Canalbianco vennero appunto aggiunte quelle irrigue e quelle di navigazione interna. Le vicende belliche e il successivo preponderante peso dato al trasporto su gomma misero il canale in una sorta di limbo, dal quale uscì grazie soprattutto a investimenti della Regione del Veneto per circa 70 milioni di euro effettuati negli ultimi 15 anni del secolo scorso, che hanno permesso di ricalibrare il sistema e le opere di navigazione necessarie per superare il dislivello di 12,50 metri tra il mare e il mantovano. L’idrovia, fino ad allora l’incompiuta più straordinariamente datata d’Italia – ha ricordato ancora l’ente – venne finalmente inaugurata nella primavera-estate del 2002 con l’apertura al traffico per tutti i 130 chilometri che vanno dal mare ai laghi di Mantova. Per renderli completamente navigabili da natanti di quinta classe europea mancavano appunto le nuove conche, realizzate grazie ad un ulteriore finanziamento regionale sostenuto da contributo comunitario. L’idrovia è oggi dotata dei seguenti porti/banchine: Mantova, Ostiglia, Canda, Rovigo. A Rovigo è funzionante un interporto direttamente servito anche dalla ferrovia».

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